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Nicoletta Maraschio professoressa emerita dell'Università di Firenze
Monica Berté e Maurizio Fiorilla
Laura Boldrini all'Accademia della Crusca
Max Pfister e Massimo Fanfani

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L’articolo del prof Coluccia individua in maniera chiara i problemi in cui si dibatte la scuola italiana del XXI secolo. Una scuola sommariamente democratica che ha smesso di pretendere dai suoi studenti, capace di ribaltare lo spirito costituzionale di una scuola aperta a tutti. Nei fatti una scuola pubblica che non funziona o funziona poco diventa sempre più classista per cui chi può iscrive i figli in istituti privati e per gli altri non resta che l’antica arte di arrangiarsi. Alcune volte con lodevoli risultati ma in generale con un massiccio abbassamento della qualità. I risultati delle prove INVALSI e la classifica dell’OCSE presentano un paese diviso tra Nord e Sud e una mediocrità nelle discipline (matematica, scienze e padronanza linguistica) necessarie alla piena partecipazione dell’individuo alla vita sociale.
Nel testo si fa riferimento alla scuola di pochi decenni fa che ha prodotto risultati apprezzabili e che ha permesso all’Italia un salto qualitativo importante. Ma da alcuni anni le cose sono radicalmente cambiate. Agli insegnanti si chiede, come scrive Alberto Melloni su Repubblica in una lettera indirizzata ad un' immaginaria docente, di essere onniscienti: << Da un lato, infatti, tutti si aspettano da lei l’onnipotenza onnisciente. Lei deve smontare il bullismo e insegnare la grammatica. Far capire la relatività e prevenire la violenza di genere. Trasmettere l’amore al sapere e la cultura della sostenibilità. Gestire i disturbi specifici dell’apprendimento ed essere attore della rivoluzione digitale. Vigilare sul razzismo e sulle equazioni di secondo grado. Iniziare all’arte e combattere l’analfabetismo religioso>> . << Dall’altro gli stessi - continua Melloni - quando sospettano non sia onnipotente, le porgono il loro disprezzo. Perché è stata lei – non tenti di negarlo – che non ha insegnato l’antifascismo, l’autorità, il congiuntivo, le competenze digitali e dunque il razzismo, la cialtroneria, l’analfabetismo di ritorno e la dipendenza da smartphone sono colpa sua. E poi, se non avesse perso tempo a leggere, avrebbe potuto restaurare un po’ di autoritarismo, strappando di mano ai ragazzi i telefonini con la frusta di Indiana Jones, dopo un corso online disponibile sulla apposita piattaforma Edufuffa. E dunque, per queste colpe, lei si merita non solo uno stipendio modesto ma soprattutto il disprezzo sociale e il compatimento>>. Sul filo dell’ironia Melloni coglie le varie problematiche che affliggono la scuola e che secondo il nostro parere affondano le radici nelle riforme volute dai governi sul finire del secolo scorso e che sono continuate fino ai nostri giorni. Negli ultimi vent’anni, infatti, il nostro sistema scolastico è stato sfigurato dall’ostinazione con cui i governi hanno destrutturato scuole e università pubbliche con l’intenzione di colmare il divario tra istruzione e mercato del lavoro: inventariare la domanda delle aziende e orientare su quest’ultima l’intero assetto della formazione. Ciò ha gradualmente convertito il diritto allo studio sancito dalla Costituzione in un servizio a pagamento, adeguato agli investimenti e opportunamente monitorato dagli investitori. La chiave di tutto ciò è il varo dell’autonomia scolastica: dopo quella degli Atenei, abbiamo avuto la legge dell’autonomia scolastica, con cui, nel perseguire il decentramento amministrativo, si istituiscono centri di istruzione separati e in competizione: ogni singola scuola deve promuovere sul mercato una propria «offerta formativa» (POF/PTOF) per il maggior numero di studenti-clienti. Insieme all’autonomia, il governo si adopera, con la legge sulla parità scolastica, per il progressivo definanziamento delle spese per l’istruzione pubblica, cui corrisponde un aumento degli oneri dello Stato verso le scuole private. Successivamente si assiste a corposi tagli, introduzione di test e valutazioni continuate fino alle recenti riforme che prevedono forme di contiguità con il lavoro (Alternanza scuola/lavoro - PCTO) scimmiottando il sistema tedesco senza averne i presupposti. L’annientamento del valore della cooperazione, la precarizzazione dell’insegnamento, il rafforzamento autoritario delle figure apicali e per gli studenti una atomizzazione dei programmi e dei valori formativi, che lascia spazio alle tante diseguaglianze territoriali di censo e di ceto, sono il risultato finale. Scomparsi i libri, cancellato il tempo della riflessione e della condivisione, non resta che una corsa affannosa attraverso scadenze didattiche d’ogni genere, segnate da un tempo riempito a viva forza dal simulacro dell’efficienza. Non possiamo sapere se questo processo sia reversibile considerate le prime dichiarazioni dell’attuale Ministro dell’Istruzione secondo il quale <> e immancabili rimandi al sistema scolastico finlandese. Siamo convinti che il Ministro non volesse far passare l’idea di una scuola come un parco giochi ma l’uso di determinati vocaboli può generare equivoci. <> faceva dire Nanni Moretti al suo alter ego Michele Apicella nel film Palombella rossa. I verbi da declinare sono altri: educare primo fra tutti. <> - scrive Susanna Tamaro in un editoriale sul Corriere della Sera - «richiede però l’esistenza di un principio di autorità, principio ormai scomparso da ogni ambito della vita civile>>.
Ricette sul breve periodo ovviamente non ce ne sono. Certamente ognuno deve fare la sua parte docenti, studenti, famiglie e chi opera scelte politiche. Fanno sperare le parole del Presidente della Repubblica pronunciate qualche giorno fa in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico. Mattarella ha ringraziato i docenti per aver colmato le carenze organizzative e materiali della scuola italiana consapevole del fatto che solo la scuola può far ripartire quella mobilità sociale che è stata fonte di crescita nel passato.

Ciro Buccoliero – Maria Teresa Greco docenti corsisti Accademia dei Lincei polo pugliese.

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