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G. Fanello Marcucci, C. Marazzini, G. Di Leo e N. Maraschio
Il presidente Claudio Marazzini con Claudia Arletti e Mario Calabresi
Da sinistra: Benedetti, Givone, Benintende, Maraschio, Ravenni, Lavia
XII Convegno ASLI

docciarsi*


lingua comune, rete, giovani
1996 n. s.
Prima attestazione: 
XVI sec.

Definizione: fare/farsi una doccia.

 

La parola docciarsi è una recente formazione usata principalmente sul web e nelle conversazioni, vis-à-vis o telematiche, tra giovani. Si tratta di un verbo denominale, ovvero derivato da un nome (in questo caso doccia).

Il processo di creazione di un verbo in –are a partire da un sostantivo è piuttosto comune. Il successo di questi neologismi è poi maggiormente probabile nei casi in cui essi identifichino un’azione che nella nostra lingua è esprimibile solo attraverso perifrasi (nel nostro caso fare/farsi una doccia). Va da sé che verbi così formati hanno il vantaggio di essere più veloci, diretti, e ammiccano, anche in modo ironico, alla consuetudine inglese di creare verbi da nomi con estrema facilità (a titolo di esempio pensiamo a un termine come whatsappare, giunto in italiano con intenti scherzosi, ma usato comunemente in inglese: to whatsapp).

La constatazione che docciarsi sia regolarmente registrato, da sempre, in tutti i dizionari come forma riflessiva di docciare non tragga in inganno: non si fa infatti riferimento all’uso odierno, ma alla definizione di ‘sottoporsi a docce curative’, peraltro accompagnata talvolta dalla marca d’uso di raro (Zingarelli 2014), obsoleto (GRADIT 2000) o comunque da esempi letterari antichi (GDLI). Siamo di fronte quindi a un neologismo che riprende, con una veste semantica nuova, un termine già esistente nella nostra lingua, ma ormai non più utilizzato.

Ambito di utilizzo privilegiato è il web, con maggiore frequenza negli spazi virtuali pensati per raccontarsi e condividere anche gli aspetti più quotidiani della propria vita, come forum o blog. Questi sono anche i luoghi che meno risentono, per l’intimità e la colloquialità con le quali ci si espone, del potere di censura della norma. Di conseguenza, data l’informalità dell’azione a cui ci riferiamo, sono decisamente meno frequenti le attestazioni in contesti comunicativi più ufficiali, come ad esempio i quotidiani (solo tre i risultati riscontrati nell’archivio di "Repubblica").

Non molto numerosi, ma significativi, sono i riscontri che arrivano da Google Libri, a testimonianza della non esclusiva appartenenza del termine ad ambiti settoriali, come la lingua del web o giovanile (si registrano alcune decine di attestazioni).

Affidandoci ai dati forniti dal motore di ricerca Google, scopriamo che docciarsi ottiene 4540 risultati (ma è da considerare una piccola percentuale di rumore per la compresenza di riferimenti al significato originale del termine); sono da aggiungersi le 4760 attestazioni per docciarmi, quasi altrettante (4050) per mi doccio; 1100 i risultati per mi vado a docciare, 463 mi devo docciare [I dati sono del 16/05/2016].

Ne ricaviamo in sostanza un quadro di discreta proliferazione, sebbene ancora piuttosto limitata a specifici contesti comunicativi.

 

Per approfondimenti cfr. la scheda della Consulenza linguistica

 

Attestazioni

  • Testa o cuore: “La sveglia è un incubo. Da quando sono al residence suona tutte le mattine alle sette e mezzo. E ho solo quarantacinque minuti di tempo per docciarmi, vestirmi, fare colazione e scendere a prendere il pullman che ci porterà a scuola” (Luca Zanforlin, Testa o cuore. Il romanzo di Amici, Mondadori, 2011)
  • eventiyoga.it: “quindi sono passata a due e poi tre lezioni a settimana, preferibilmente dopo l’orario di lavoro, così potevo tornare a casa a docciarmi senza problemi di orario!” (In India a lezione con Lino Miele: l’esperienza di Michela Simoncini,2016, in www.eventiyoga.it)
  • Repubblica.it 28/12/1996: “Che due volte al giorno vengono rimpinguati i serbatoi dell' acqua della villa, che tutti gli ostaggi possono lavarsi e docciarsi regolarmente.” 

 

Irene Pompeo

16 maggio 2016

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